Curiosity, Gerard ter Borch the Younger, ca. 1660–62 (Metropolitan Museum NY)

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Nel 1543 il celebre letterato e poligrafo Anton Francesco Doni indirizzava una lettera alla veneziana Madonna Francesca Baffo: Jo stupisco, io rinasco, che mie rime o mie lettere colme che io son guasto d’amore di voi, perche m’havete abbagliato con la fama, con gli scritti, et con l’opere. Ben poco degli scritti e delle opere di questa poetessa si è però conservato, della cui biografia si hanno solo scarne notizie, ma si sa che rispose a Doni criticando aspramente la composizione che le aveva inviato, dal titolo “Del poco cervello delle donne”, che poi non venne mai alla luce.

Ma quel che è assolutamente certo è che Francesca, fosse o meno una cortigiana, si trovava assai ben inserita, come molte scrittrici del Rinascimento, in dinamici e rilevanti circoli culturali. Prova ne sia l’inserimento di due sue rime nell’antologia poetica curata uscita a stampa nel 1545 dal suo amico Lodovico Domenichi, altro poligrafo, e di cui riproduco una pagina. E di lei ci sono rimaste molte altre tracce nei ricordi e nelle opere di letterati con cui era in relazione, tra cui Giuseppe Betussi che ne fece una protagonista del Dialogo amoroso del 1543 e della successiva sua opera, il Raverta, in cui Francesca ribatteva con decisione e intelligenza alle accuse degli uomini e alle falsità tramandate dalla loro letteratura: Lasciate, di grazia, star tanti poeti, perché, volendo coprire il difetto, ch’è in loro d’instabilità, l’attribuiscono a noi donne.

Si trattava di un’eccezione la posizione di questa donna? In realtà era piuttosto comune e non solo a Venezia. Le scrittrici mai prima di allora furono così celebri e rinomate in Europa, accettate dal consesso letterario, pienamente inserite nello scambio intellettuale, vanto delle città che della loro visibilità traevano motivi di prestigio culturale e politico. La cultura rinascimentale poneva al centro della riflessione l’amore come esperienza universale e insieme intimamente individuale, anche per le sue implicazioni neoplatoniche ed etiche, e si nutriva della lezione del Petrarca. La “conversazione” con le donne, legittimate a parlare d’amore per esperienza, stava pertanto nel cuore del dibattito ed era motore di una produzione letteraria che sposava soprattutto il metro poetico.

Non fu dunque un caso se la poesia divenne il campo in cui la penna femminile versò più inchiostro e in cui venne più premiata dalla fortuna dei torchi. Nonostante persistessero resistenze a riguardo dell’esercizio letterario e dottrinale da parte femminile, la promozione culturale e la spinta educativa insite nei valori dell’Umanesimo fecero comunque da sprone all’ingresso delle scrittrici negli ambienti intellettuali. E il ruolo influente anche a livello politico di molte dame nelle corti padane ed europee, la rilevanza del potere carismatico e spirituale di alcune donne fecero la loro parte.

Ma non scrissero solo di amore, statene certi.

(tp)

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