Curiosity, Gerard ter Borch the Younger, ca. 1660–62 (Metropolitan Museum NY)

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Se la diffusione dei volgari aprì la porta all’alfabetizzazione femminile, la nascita della stampa a caratteri mobili e la sua diffusione nella seconda metà del XV secolo ebbero un ruolo rilevante nella promozione dell’istruzione femminile, grazie agli interessi dei tipografi che erano desiderosi di ampliare i propri lettori, sfornando non solo opere colte e destinate a studiosi ed eruditi bensì testi sia di argomento profano, letteratura di svago, di istruzione, saperi pratici e di argomento religioso e devozionale. E le lettrici, a cui il mondo dei torchi guardava con attenzione, erano andate costantemente aumentando e indirizzando così anche la produzione editoriale: consigli per la cura dei figli, ricette di salute e di cucina, guide di viaggio, abecedari, novelle e favole e molto molto altro, come si vedrà.

Le donne rappresentavano agli occhi degli stampatori così come degli autori e, in maniera opposta, degli oppositori alla diffusione dei libri tra mani “incolte”, le capofila dell’universo popolare, confermando un’associazione assai duratura con i bisogni, le pratiche e le modalità espressive di ciò che già in epoca medievale veniva definito con il termine “popolo”, anche per la comune esclusione da un processo scolastico canonico. Se gli intellettuali e i soprattutto i moralisti guardavano con sospetto le letture femminili, gli operatori della nuova arte miravano a vendere: sfornare testi “popolari” consentiva loro di arrischiare produzioni più elevate.

Non ebbero pertanto scrupoli a pubblicare opere firmate anche da donne: oltre alle orazioni pubbliche di Cassandra Fedele, già ricordate e stampate ancora in vita, uscirono prima di tutto nel 1474 testi di Falconia, una scrittrice della tarda antichità, l’anno seguente quelli della venerata Brigida di Svezia, di Caterina da Siena e della contemporanea e ammirata Caterina Vigri, su cui voglio ora soffermarmi.

Nata a Bologna nel 1413, era una figlia illegittima di un gentiluomo ferrarese al servizio degli Estensi. Un tempo essere figli naturali non era un grande scandalo bensì una situazione piuttosto comune e non pregiudicava carriere e opportunità. Caterina visse infatti alla corte degli Estensi e potè farsi una cultura raffinata, e imparare a suonare la viola e a dipingere. Entrò poi a far parte del monastero delle clarisse del Corpus Domini di Ferrara e poi come badessa di quello bolognese di nuova fondazione. Fu copista e miniatrice, oltre che pittrice, qui riproduco una pagina di un breviario da lei realizzato e illustrato e la sua Madonna con bambino. Consigliava di dedicarsi e rivolgersi alla scrittura quale “fidelissima madre” a cui chiedere consiglio per ogni cosa. Compose Le sette armi spirituali, una sorta di autobiografia spirituale, ristampato più volte, di cui mostro la prima carta. Divenne venerata, poi proclamata santa, per le visoni e i miracoli e soprattutto perché il suo corpo si mantenne integro. Narrò di lei una veneziana e sua consorella, Illuminata Bembo. A Bologna, annesso al monastero è allestito il museo a lei dedicato, dove si possono ammirare le sue scritture autografe, le pitture e il suo corpo incorrotto, oggetto di devozione popolare.

(tp)

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