C’era una volta un re che aveva una figlia così triste, ma così triste, che nessuno l’aveva mai vista ridere. Il re, cercando in tutti i modi di farla divertire, chiamava sempre a palazzo l'uomo che fa ballare i cani, quello che fa vedere il Mondo Nuovo, il burattinaio e perfino l’asino che beve da solo da un bicchiere.
Ma Lucilla — così si chiamava la principessa — non rideva mai.
Un giorno il re pensò di far costruire proprio di fronte al palazzo reale, una fontana che buttava olio. «Tutti cercheranno di prenderne un po’ — diceva tra sé e sé — ma non sarà facile, scivoleranno e daranno a mia figlia motivo di ridere.»
Una mattina Lucilla, più immusonita del solito, era affacciata al balcone. Passò di là una vecchia, si fermò e si mise ad inzuppare di olio una spugna che poi strizzava in un barilotto che aveva con sé.
Vedendola così affaccendata, un paggio di corte con un colpo di balestra mandò in frantumi il barilotto. La vecchia, inviperita oltre misura, cominciò ad insultarlo e allora il giovane la raggiunse, la prese per le spalle e la fece rotolare come una palla finché alla povera donna si sollevò la sottana e mostrò il sedere.
Quando vide questo spettacolo la figlia del re si mise a ridere, e rise così tanto che, se non la portavano via dal balcone, sarebbe morta dalle risate.
La vecchia che si era offesa a morte per essere l’oggetto di tanto scherno guardò verso il balcone e gridò:
«Che tu possa non trovar marito se non ti sposa il principe di Campotondo.»
«Chi è questo principe?» chiese Lucilla.
«Sacra Corona – rispose la vecchia – il principe di Campotondo era la creatura più bella del mondo, ma una strega con un incantesimo lo fece morire e adesso è sepolto in una tomba alle porte di una città. La donna che in tre giorni riempirà di lacrime il secchio che c'è vicino alla tomba, farà resuscitare il principe e diventerà sua moglie. Ma è impossibile che due occhi possano versare tante lacrime in così poco tempo.»
Ciò detto la vecchia si dileguò e la figlia del re decise di andare in cerca del principe.
Cammina cammina, arrivò al castello di una fata alla quale confidò il motivo del suo viaggio. La fata si mosse a compassione e le diede una lettera di raccomandazione per una sua sorella. Anche questa fece un'ottima accoglienza alla figlia del re e dopo averla ospitata per una notte, le diede una lettera da portare ad un'altra sua sorella e le consegnò anche una bella noce raccomandandole di conservarla gelosamente e di non romperla se non in caso di grande necessità.
La figlia del re, dopo averla ringraziata, andò subito dall'altra fata con la lettera: anche questa la accolse molto affabilmente, le regalò una castagna con l`avvertenza di non romperla se non in caso di grande bisogno e le diede una lettera di presentazione per un'altra sua sorella che, come potete ben immaginare, era una fata.
La figlia del re andò subito dall'altra fata che le regalò un fuso, raccomandandole di non usarlo se non in caso di estremo bisogno. Con tutti questi doni la ragazza si incamminò alla ricerca della tomba del principe di Campotondo.
Cammina cammina, dopo sette anni arrivò alla tomba e là vicino c’erano una bella fontana ed un albero al quale era appeso il secchio che bisognava riempire di lacrime.
La figlia del re lo prese e cominciò a piangere. E tanto pianse che in meno di due giorni lo riempì quasi del tutto, ma poi, stanca per il gran pianto, si addormentò.
Nascosta là vicino c’era una donna cattiva, la più brutta donna che si potesse mai vedere. Erano tanti anni che teneva d'occhio il secchio e, vedendo che era quasi pieno e che la figlia del re dormiva, si avvicinò e con quattro lacrimucce lo riempì del tutto.
Written by: Daniela Zamburlin Illustrated by: Chiara Da Villa Translated by: Cecilia Holden
Questo contenuto appartiene alla serie del libro: Fiabe Popolari Veneziane / Venetian Folk Fairy TalesSplendide fiabe per tutte le età, originali veneziane e ambientate a Venezia. Illustrate, in italiano e in inglese.