Il manovratore della conca ci riporta in noi e ci spiega cosa ci aspetta e come viaggiare dopo l’apertura delle porte: il canale ha poca acqua, ci sono ampie secche a destra e a sinistra e c’è subito una curva da superare con la corrente che esce insieme a noi dalla chiusa e ci trasporta per un buon tratto. Gli argini sono alti e ripidi. Il canale è invaso da rami, arbusti e ninfee e in prossimità delle curve si stringe notevolmente. Il sandolo è agile e passa oltre la caorlina pesante e goffa, che ogni tanto porge la poppa alla macchia con conseguente incastro di remi e vogatrici. Sono momenti di impaccio, l’adrenalina sale e ci tiene in allarme per mantenere la rotta, il pensiero va a quanto già vissuto sul Fiume Stella.
I Martin pescatore hanno tutt’altro spirito, sfrecciano in guizzi blu elettrici da una parte all’altra del canale, il picchio verde ci segue di salice in ontano scandendo la sua risata. Nitticore e sgarze si alzano in volo calmo al nostro passaggio. Solo il rumore di qualche auto che passa sopra l’argine ci ricollega al mondo di terra. Dentro alla strada d’acqua è solo verde il colore della nostra giornata. Ma come potevano condurre burci e peàte carichi e lunghi più di 30 metri i barcàri che andavano dai colli alla laguna?
Curato da: Luana Castelli
Questo contenuto appartiene alla serie del libro: Viaggiare a remi tra Venezia e il Nord ItaliaUna guida pratica, un diario di bordo del gruppo di vogatrici "Un Po di... Donne".