L’Umanesimo riscoprì i classici e ricreò una cultura che si basava e si esprimeva in latino, distanziandosi dall’istruzione di base a cui potevano accedere le donne e le classi umili. Tuttavia alcune accettarono la sfida e, grazie al supporto di padri che vollero credere nelle capacità intellettuali delle figlie sia per adesione ai valori umanistici sia per alimentare il prestigio della famiglia, divennero letterate di grande fama e scrissero in latino se non in greco. Inaugurarono infatti vere “carriere” di intellettuali, furono in contatto con raffinati circoli culturali, corrisposero con i maggiori letterati ed è piuttosto significativo, anche per la costruzione e affermazione di un immaginario della “scrittrice”, che fossero tutte ritratte da celebri pittori o raffigurate in incisioni.
Vennero talvolta chiamate a rappresentare le città con orazioni pubbliche, come avvenne per la veronese Isotta Nogarola (1418-1466), a cui dobbiamo l’importante Dialogus de pari aut impari Evae atque Adae peccato, che riscattava Eva dalla totale responsabilità del peccato originale; anche Costanza Varano (1426-1447), legata per via materna ai Malatesta e ai Montefeltro, recitò pubblicamente un’orazione molto lodata per lo stile elegante davanti a Bianca Maria Visconti, moglie di Francesco Sforza, in nome di Camerino, della cui sovranità la famiglia Varano era stata spogliata e di cui rivendicava la restituzione.
Ma qui voglio in particolare ricordare la veneziana Cassandra Fedele (1465-1558) a cui venne chiesto di pronunciare un discorso di fronte alle autorità accademiche all’Università di Padova, conquistando una straordinaria notorietà europea e ricevendo grandi elogi. Cassandra ebbe anche l’onore di tenere un’orazione sulle arti liberali di fronte al doge Agostino Barbarigo e al Senato veneziano. In chiusura ribadiva la sua totale dedizione agli studi che la faceva rifuggire dalle occupazioni domestiche: Tale campo fornisce in abbondanza frutti anche rigogliosi, gradevolissimi e che durano nel tempo, tant’è che non appena io stessa li ho assaggiati, dopo aver riflettuto un po’, messi spontaneamente da parte l’odiata conocchia e l’ago, attrezzi da donnette, ho seguito la mia vocazione
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Tale la sua autorevolezza che a più di novanta anni le fu richiesto di omaggiare con un discorso la regina madre di Polonia, Bona Sforza, giunta a Venezia e alla sua morte la sua salma fu accompagnata in solenne processione sino alla chiesa di san Domenico. La rinomanza che si conquistò fece sì che i suoi discorsi, dopo essere circolati a lungo in forma manoscritta, agli esordi dell’arte tipografica venissero stampati anche all’estero con ampia diffusione.
Abbiamo di lei molti ritratti contemporanei ma ho preferito ricordare che un bel medaglione raffigurante Cassandra Fedele, opera di Luigi Borro (1864-1865) è visibile nell’atrio di Palazzo Loredan in campo Santo Stefano a Venezia e fa parte del Panteon Veneto, dove sono presenti solo tre donne (insieme a lei Caterina Cornaro e Giustina Renier Michiel).