Curiosity, Gerard ter Borch the Younger, ca. 1660–62 (Metropolitan Museum NY)

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Che si può fare durante un isolamento? Raccontare!

Margherita d’Angoulême (1492-1549), regina di Navarra e sorella del re di Francia Francesco I, che ben conosceva la cultura italiana, si ispirò al Boccaccio e al suo Decamerone. Ma se nell’opera dello scrittore toscano era la peste nera del 1348 a costringere i giovani narratori, sette donne e tre uomini, a fuggire dalla città e a ritirarsi nella campagna fiorentina, nell’Heptameron di Margherita una compagnia di viaggiatori era obbligati a cercar rifugio, incontrando una serie di peripezie, nell’abbazia di Notre-Dame de Sarrance per delle straordinarie piogge autunnali che avevano distrutto ponti e strade.

Che poteva fare allora la brigata: una delle giovani presenti chiedeva alla saggia Oisille di escogitare qualche passatempo, che valga ad addolcirci la noia, che noi dovremo sopportare durante questo nostro lungo soggiorno; poiché, se noi non abbiamo qualche occupazione lecita e dilettevole, noi saremo esposte al pericolo di ammalarci. E il peggio si è che noi incapperemo in quell’incurabile male, che si chiama ipocondria. Ricordando proprio l’opera del Boccaccio i convenuti per loro diletto decisero con parecchi altri della corte di far altrettanto, con questa sola differenza dal Boccaccio, di non scrivere cioè nessuna novella che non sia vera storia.

L’opera, composta di 72 novelle e rimasta incompleta, è infatti uno specchio fedele della società del tempo e di corte, della fragilità della virtù e dell'ardore delle passioni umane; scritto con grande libertà anche di licenze erotiche, pone al centro il tema dell’amore e il ruolo delle donne, ma con un fine sempre morale, in un interessante incrocio di sacro e profano. Margherita era del resto una donna che ben coltivava una sua spiritualità, sotto la spinta del pensiero di Erasmo da Rotterdam e di Lefèvre d'Étaples ed era attenta ai movimenti di riforma religiosa che stavano percorrendo tutta l’Europa. A lei molte dame e letterate italiane guardarono con ammirazione, come Vittoria Colonna che le inviò un suo codice con 103 sonetti spirituali.

Qui riproduco la sua tipica firma, a calce di una lettera del 14 gennaio 1526 e l’inizio della prima novella dell’Heptameron, in un codice conservato presso la Bibliothèque Nationale de Paris.

(tp)

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