Le donne che sapevano scrivere, e come si è già visto alla fine del Medioevo erano in costante aumento, non erano avulse dagli stili comunicativi più nuovi e capaci di coinvolgere un vasto pubblico. Caso questo di una scrittrice fiorentina, Antonia Tanini Pulci (1452-1501), che riscosse un grande successo e trasse un buon guadagnò dalla sua produzione, scegliendo proprio di dedicarsi a un genere di ampia risonanza: la sacra rappresentazione in rima. Si trattava di testi, prima circolati in forma manoscritta e poi a stampa, che servivano ad allestire un particolare spettacolo teatrale urbano, che si sviluppò soprattutto nel XV secolo a Firenze, ma che conobbe una grande diffusione.
Originò un vero modello di ‘teatro civile’, messo in scena da giovani attori delle confraternite e che richiamava un grande pubblico, anche di donne. Poteva scaturire da una rilettura di storie di santi e sante o episodi biblici ma voleva sempre fornire spunti di riflessione sull’attualità e cercare di indirizzare, attraverso un linguaggio e una performance emozionanti, a comportamenti virtuosi per facilitare la convivenza nella comunità cittadina.
Antonia era una donna di estrazione borghese, moglie di Bernardo, poeta e drammaturgo inserito nella cerchia fiorentina di Lorenzo de’ Medici, ma di alterne fortune economiche. I testi di Antonia Pulci furono molto apprezzati perché mettevano al centro la vita quotidiana, specialmente le vicende delle donne, avevano sapore realistico e un intreccio vivace e romanzato di taglio più profano, riscuotendo così l’interesse di un pubblico borghese. E val la pena sottolineare un particolare: Antonia non si cela nell’anonimato bensì afferma orgogliosamente il suo nome d’autrice inserendo sempre la sua firma: «composta per mona Antonia donna di Bernardo Pulci», come si può osservare nel frontespizio che riproduco. Le sue composizioni, stampate in opuscoli di sei o otto carte e vendute a poco prezzo, conobbero una lunga fortuna e moltissime ristampe anche nel secolo successivo. La sua rappresentazione più rinomata fu quella dedicata a santa Guglielma d’Ungheria, una figura leggendaria che assume nel suo testo spessore di grande protagonismo femminile. Antonia Pulci rimasta vedova divenne terziaria agostiniana e morì nel 1501 nel convento da lei fondato di Santa Maria della Misericordia.