L’ultima pillola la dedico alle maestre, figure assai diffuse ma poco considerate, prendendo spunto da una nota che ho rintracciato in un volume particolare, uno di quei manuali per apprendere a scrivere, di cui ho già parlato, e in questo caso uno dei più diffusi, Libro nuovo d’imparare a scrivere tutte sorte di lettere antiche et moderne di tutte nationi, con nuove regole misure et essempi, stampato a Roma nel 1540, opera di Giovanni Battista Palatino. Nella nota manoscritta sul foglio di guardia, Angelica, la cui scrittura ne tradisce la venezianità, per ben due volte segnala con malcelato orgoglio, pur nell’ortografia scorretta, che il libro era suo - questo libro sie dimi
- (ricordo che i libri erano merce rara e preziosa in mano popolare). Si esercitava a eseguire delle “prove di penna”, ovvero a tracciare le lettere dell’alfabeto in sequenza e a lasciare memoria di sé riportando di esser filiola di madona anzola maistra dascola
.
Che cosa insegnava Angela, sua madre, e a chi? Angela era certamente una maestra di scuola per fanciulle, visto che insegnava a leggere, cucire e scrivere (“da im parare alegre et acusire eascrier”), come era consuetudine nell’istruzione di base femminile.
Che genere di scuola era? Con buona probabilità una di quelle scuole nate dalle campagne di “acculturazione” dei fedeli per contrastare eresie e devianze, messe in campo dalla Controriforma attraverso l’attività delle scuole di catechismo, di carità e l’azione di ordini nuovi come le Orsoline. Impartivano un’alfabetizzazione di base, come quella che si riceveva nei conventi o alle scuole della domenica, che puntava a offrire gli strumenti per leggere libri di dottrina e di preghiera e per poter scrivere le proprie esperienze spirituali sotto la direzione dei confessori o dei padri spirituali.
Era un genere di istruzione limitata e funzionale che mirava a consolidare i ruoli sessuali e le posizioni sociali in cui erano inserite le singole persone e non voleva consentire un accesso femminile a conoscenze più elevate. Tuttavia fu capillare e gli esiti non sempre furono in linea con gli intenti di chi le promosse. L’istruzione, del resto, è sempre uno strumento in mano alle persone e quello che si accende imparando è sovente imprevedibile e incontenibile. Nel gesto di Angelica, nella sua volontà di lasciare un ricordo attraverso la scrittura, leggiamo il desiderio di impadronirsi di un mezzo di comunicazione e di espressione, specchio di sé e della propria soggettività. E che le sue note siano tracciate in una corsiva inclinata e poco corretta, poco importa. Angelica voleva scrivere e, chissà, forse insegnare ad altre la forza nascosta di quei segni magici sulla carta.
Molte altre storie dal Medioevo sin quasi ai nostri giorni nel mio libro, Le scritture delle donne in Europa. Pratiche quotidiane e ambizioni letterarie (secoli XIII-XX), Carocci editore.