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Co' ła merda monta in scagno, o ła fa spusa o ła fa dano.
Quella che si definisce una saggezza popolare, naturalmente nella tradizionale chiave ironica veneziana.
Cavàrse ła pavàna
La pavana è quella pellicina fastidiosa che ha l'abitudine di crescere ai lati delle unghie. Spesso faticosa da togliere del tutto, se non con l'ausilio di una forbice per unghie.
Qua no se imbarca cuchi!
La parola cuchi sta per "cuculi", ovvero Cuculo, al plurale.
Pasàr dal trasto in sentina
Saltare da un ragionamento all'altro senza un nesso logico.
Andar in spadina
Derivazione ironica del "lezioso costume" proveniente dalla Francia e in uso dalla metà del secolo XVII alla fine del secolo XVIII.
Savér da freschìn
Freschìn è un termine per indicare un odore di un certo tipo, intraducibile con un suo corrispettivo esatto, in italiano. Si può dire che è il tipico odore di qualcosa che sta per andare a male, principalmente pesce, uova e carne.
I ło gà messo in cheba
L'espressione è sempre rivolta a chi è stato rinchiuso in carcere.
Ai tempi de Marco Caco
“Robe che se usava ai tempi de Marco Caco!” si sente dire spesso. Il detto è usato per indicare il lontano passato o per alludere a tempi remoti.
Séco incandìo
È un gioco di parole che indica un uomo molto magro e che non abbia in tasca neanche un centesimo.
Ti xe bruta come ła peste
Il detto popolare deriva dal gruppo marmoreo dell'altar maggiore nella Basilica della Madonna della Salute. La figura della peste è qui rappresentata da una brutta vecchia, sdentata e dal volto spettrale.
Andar a Patrasso co tuto
Diverse sono le interpretazioni di questa frase che nell'uso più corrente significa morire, come pure andare in rovina.
Savér che ora che xe
Questo detto significa "far capire la ragione"; viene gridato dal padre al figlio o da chi in una lite ha più autorità: Te fasso savér/véder mi, che ora che xe! E lo si sentetutti i giorni nelle liti domestiche cittadine.
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