Curiosity, Gerard ter Borch the Younger, ca. 1660–62 (Metropolitan Museum NY)

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Le donne hanno scritto una montagna di lettere; pure con un’istruzione rudimentale hanno cercato di mantenere i rapporti con mariti e figli lontani, o con la famiglia di provenienza. Da sempre erano stati i mercanti a dover spendere molto tempo con la corrispondenza a soci o ad acquirenti e pertanto a “inventare” il traffico postale. Missive asciutte, fatte di conti e di elenchi di beni.

Ma dal Trecento le lettere di donne conservate negli archivi cominciano a incrementarsi e veicolano parecchie novità.

Che cosa portano di nuovo? Consigli, istruzioni, racconti del quotidiano, emozioni, sentimenti. Un esempio straordinario l’ha lasciato la fiorentina Margherita Bandini (1360-1401) andata in sposa giovanissima al ricco mercante Francesco Datini di Prato che era sempre in viaggio. Dovette assumersi non solo la gestione della casa ma anche l’amministrazione degli affari. Da analfabeta, quale era, costretta a dettare allo scrivano le lettere dirette al marito, prese confidenza un po’ alla volta con l’alfabeto sino a conquistare la piena autonoma di lettura e scrittura.

Scopriva così anche quanto questo strumento potesse aiutarla a esprimere la sua soggettività, i suoi pensieri e la propria spiritualità, di cui cercava di coinvolgere il marito: Oggi avete quasi 50 anni […] e avete sempre servito il mondo: sarebbe ora di cominciare a servire Dio! e lo ammoniva consigliandolo un approccio alla vita meno materialista e ben più filosofico: Se noi si pensasse alla morte e a quanto poco ci s’ha da stare a questo mondo, non ci daremmo tante pene quanto ce ne diamo. In questi giorni cara Margherita il tuo consiglio è una perla preziosa!

(tp)

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