I primissimi insediamenti nell'Isola di San Servolo risalgono al VII secolo quando una compagnia di monaci benedettini la occuparono. Al tempo, esisteva già una chiesa ed era dedicata a San Cristoforo. Poco dopo, i religiosi decisero di costruirne una nuova dedicandola a San Servilio, martire di Trieste. Il luogo venne poi passato alle monache dello stesso ordine benedettino e nel 1725 giunsero i Padri Ospitalieri di San Giovanni di Dio che vi trasferirono il loro Ricovero degli Ammalati e decisero di riedificare nuovamente il luogo di culto. Vennero incaricati gli architetti Tommaso Temanza per la fabbricazione della chiesa e Giovanni Scalfarotto per l'edificazione del convento.
La struttura architettonica della chiesa, a pianta centrale, risulta essere fuori dai soliti canoni architetturali, avendo due bassi ed eleganti campanili e la facciata parzialmente coperta da un bel porticato che poggia su svettanti colonne, il tutto piacevolmente decorato da due statue raffiguranti Angeli realizzati da Giovanni Ferrari. Nel 1810, la chiesa si è arricchita di un organo Nacchini, proveniente dalla chiesa di Santa Maria del Pianto ora abbattuta.
All'interno, sono meritevoli di nota i dipinti del soffitto della navata e del presbiterio di Jacopo Marieschi che raffigurano rispettivamente “La gloria di San Giovanni di Dio davanti alla Vergine” e “Le tre virtù teologali” e le opere di Francesco Maggiotto la "Sacra Famiglia" e "San Giovanni di Dio adora il Crocifisso".
Sulla presenza inusuale dei due campanili sono stati costruiti due modi di dire per intendere la pazzia: "ti xe ai do campanili" o "ti ga i do campanili".