Campo di notevoli dimensioni e di ampio respiro raggiungibile a piedi dalla stazione dei treni o dalla stazione degli autobus (Piazzale Roma) percorrendo Rio Terà - Lista di Spagna oppure, scendendo alla fermata del vaporetto "Guglie", si raggiunge superando il ponte omonimo delle Guglie.
Arrivando dalla ferrovia, la prima enorme costruzione che ci si trova davanti è Palazzo Labia, sede Regionale della RAI le cui tre facciate, tutte in pietra bianca d'Istria, sono rivolte a tre punti diversi della città: una sul Canal Grande, l'altra sul rio di Cannaregio e infine, quella a noi visibile, sul campo San Geremia.
Sul lato sinistro dell'edificio della storica famiglia Labia, i cui muri sono quasi comunicanti, è presente la notevole Chiesa di San Geremia e Santa Lucia che custodisce le spoglie della martire di Siracusa e che ogni anno accoglie numerosi fedeli.
Incastonato tra la chiesa e il palazzo risalta un campanile in cotto a cui sono stati aggiunti elementi tipicamente gotici come la cella campanaria e il tamburo; questa torre rappresenta una delle più antiche della città e risale al XII-XIII secolo.
Sul lato sinistro della chiesa, è visibile un alto edificio, Palazzo Flangini costruito da Giuseppe Sardi, discepolo del Longhena.
Nel campo sono presenti quattro vere da pozzo: la più antica, risalente ai secoli XII–XIII è quella più vicina alla chiesa mentre la più voluminosa è posizionata sulla sinistra, è del Cinquecento e presenta un bassorilievo del Profeta Geremia; le altre due, sono localizzate una davanti a Palazzo Labia e l'altra a Lista di Spagna.
In questo campo, tra gli altri, vista la sua vastità avveniva una delle più caratteristiche feste di Venezia: la caccia ai tori, che rappresentava una vera attrazione per le maggiori autorità della città e che probabilmente è stata introdotta dall'ambasciatore di Spagna che viveva nel campo. Si narra che, in una di queste corride, Girolamo Savorgnan, ragazzo giovane, alto e muscoloso, si mise alla prova come nessun altro fece: recise la testa di due tori con un colpo solo e senza aver fatto segare le corna dei due temibili animali.