La sua famiglia si chiamò in seguito Gradenigo.
Fu eletto dopo la deposizione di Giovanni I Partecipazio, avvenuta nell'836.
Apparteneva ad una nobile famiglia istriana.
Non sapeva leggere e scrivere pertanto i documenti e gli editti venivano firmati con il signum manus.
Era stato eletto procuratore di San Marco il 7 maggio 830.
Il suo dogado fu contraddistinto dalle lotte ai pirati, che infestavano le acque dell’Adriatico (facendo crescere l’immagine dei veneziani come popolo amante della libertà e capace di riportare l’ordine), dalle guerre a fianco dei bizantini contro i saraceni che avevano preso Bari e Taranto (tale impegno gli fruttò la riconoscenza del basileus, il quale lo gratificò con due onorificenze: spatario e ipato), e dal Pactum Lotharii.
Dopo la morte del figlio Giovanni (co-reggente), Pietro finì assassinato a colpi di pugnale il 13 settembre, mentre usciva dalla Chiesa di San Zaccaria, nel cui atrio fu poi sepolto. Il delitto, però, non rimase a lungo impunito. Furono nominati tre giudici nelle persone del vescovo di Equilo, Pietro, dell’arcidiacono di Grado, Giovanni, e Domenico Massone. Dei congiurati, cinque vennero giustiziati: Giovanni Gradenigo con due figli, Stefano de Sabulo, e Giovanni Labresella; quattro furono condannati all’esilio a Costantinopoli: Pietro Candiano, Pietro Cletensio, Pietro Flabanico, e Domenico Falier; gli altri complici vennero esiliati nelle terre dell’impero franco senza possibilità di ritorno a Venezia. Il solo ad essere risparmiato, Orso Grugnario, morì posseduto dal demonio.
A Pietro la storia riconobbe di essere il primo doge veramente indipendente da Costantinopoli, colui che elevò la Venetia marittima, da provincia, a ducato indipendente.